Entrando nell’ascensore pregò perché non si bloccasse. Alice aveva conosciuto il sig. Giulio proprio così, durante un blocco dell’ascensore.

 
Il sobbalzo era stato violento e Alice aveva gridato d’istinto aggrappandosi a lui. Lei ventitrè anni che si aggrappa ad un anziano di settantacinque. Ripensandoci, che figura di merda! Però in quel momento il panico l’aveva presa completamente. Come se l’angoscia non bastasse, un secondo dopo partì un allarme di segnalazione. Martellante, come a scandire i secondi verso l’epilogo della sua vita.
  • Si calmi, signorina, tra poco il portiere sistemerà tutto. Si rilassi.- 

Alice percepì la presa violenta con cui si reggeva al suo braccio allentarsi.

  • Si rilassi signorina, andrà tutto bene. Faccia un respiro profondo.- Ripetè l’uomo, fissandola negli occhi.

In quel momento sentì una forte energia vibrare attorno. Avvolgerla. Come un abbraccio rassicurante. Sentì tutta la saggezza e la protezione paterna di quest’uomo. Se tale saggezza ed esperienza le diceva di rilassarsi, che sarebbe andato tutto bene e non c’era nulla da temere non poteva che essere vero.

Ad un tratto il DING! dell’apertura della porta la fece trasalire. Libera. Così come promesso.

L’uomo scese dall’ascensore e Alice lo seguì. Non era il suo piano, ma, nel dubbio, preferiva farsi i successivi due piani a piedi per arrivare al suo appartamento.

Solo rientrando in casa si rese conto di non averlo nemmeno ringraziato. Se fosse stata sola nell’ascensore sarebbe morta di paura.

Guardando il telefono trovò tredici messaggi ed una chiamata persa. Diede per scontato che in quella bara di lamiera, il segnale non potesse arrivare. Più stupefacente fu il notare che era stata là dentro per almeno un'ora! 

Lasciò le sue cose sul tavolo e prese dalla cantinetta una bottiglia di vino. In qualche modo sentiva che doveva sdebitarsi per l’aiuto. In qualche modo voleva ringraziarlo. In fondo erano quasi vicini di pianerottolo. La sua voce. I suoi occhi.

Si annusò le ascelle e presa la bottiglia scese le scale.

  • Che fai, Alice? Perchè sei qui?- Si domandò pentendosi di aver suonato il campanello, ma oramai era troppo tardi, ed i suoi occhi la stavano invitando ad entrare.

Prendendo un caffè, il signor Giulio, raccontò qualcosa della sua vita e della sua solitudine. Vedovo da un anno. Una vita nello spettacolo come prestigiatore e mentalista. Poster alle pareti di cartelloni di spettacoli. Ora in pensione da anni.

  • Mentalista? Tipo Lettura del pensiero, ipnosi o cose simili?- Chiese Alice guardando uno dei cartelloni ed immaginando scene della serie TV.

  • Si, tipo… cose simili.- Ripetè lui con il tono sognante di chi rivive piacevoli ricordi e sicuramente qualche rimpianto.

  • Ma… nell’ascensore allora lei mi ha…-

  • Ipnotizzata? Diciamo di si. Una specie di leggera trance per aiutarla a rilassarsi.- rispose con un tono modesto.

  • Mi scusi, le devo essere sembrata una scema. A dire il vero non sapevo di soffrire di claustrofobia, ma in quel momento…-

  • Le confesso che non ha fatto piacere nemmeno a me rimanere bloccato là dentro, ma l’idea di aiutare qualcuno, mi ha dato forza, e poi era da quando sono vedovo che non… Voglio dire… L’ultima volta che ho aiutato qualcuno a rilassarsi è stato con Sandra, mia moglie.-

Ora la sua voce portava con sé tutta la tristezza di una situazione senza oramai più soluzione.

  • Mi imbarazza molto l’idea che lei sia riuscito ad ipnotizzarmi così, senza nemmeno che me ne accorgessi. Mi sento ancora più stupida.-

  • Signorina, non si senta così, la sua capacità di lasciarsi andare è una cosa positiva.

  • Alice, mi chiami Alice. A dire il vero credevo che questa cosa dell’ipnosi fosse una specie di…-

  • Stupidaggine? Pagliacciata? Una messa in scena? La capisco. Uno scetticismo al quale mi sono abituato tanto tempo fa.

  • Non volevo dire che… Mi scusi. - mormorò abbassando lo sguardo con imbarazzo 

2. alice worried

Restarono un attimo in silenzio, poi fu Alice a rompere il ghiaccio.

  • Sto per dire una stupidaggine, lo so….- Disse Alice facendo una pausa - È vero che con l’ipnosi si possono sbloccare dei ricordi?-

  • Um... dipende. C’è molto folclore attorno all’uso dell’ipnosi.-

  • Per esempio, se le chiedessi di aiutarmi a ricordare qualcosa. Tipo dove cavolo ho messo le seconde chiavi della mia macchina.- 

  • Da quanto tempo non le trova più?-

  • Circa due mesi.- rispose - Circa.- aggiunse contando istintivamente sulle dita. 

  • La nostra memoria non è come quella di un computer. A volte per aprire una scatola, prima si deve aprire un intero cassetto.

  • Non credo di aver capito, ma si può fare?- Insistette Alice.

Giulio non rispose, andò alla scrivania dietro di lui e prese un orologio da taschino.

  • Può sembrare un cliché, ma questo banale oggetto è uno strumento di rilassamento eccezionale - aggiunse lasciandolo cadere, appeso alla catena argentata. Fermo, immobile, come potesse controllarne la fisica.

Istintivamente lo sguardo di Alice si fissò sull’oggetto. Restando a guardarlo, come in attesa che questi cominciasse ad oscillare. Cosa che non avvenne. Era semplicemente lì, immobile come il resto della stanza, come tutto l’universo, perturbato soltanto dalla calma eterna che, come una spessa nebbia l’avvolgeva, penetrandola nella mente. Una pace assoluta.

  • …e cinque. completamente sveglia, ora.- sentì sobbalzando per uno schiocco delle dita dell’uomo.

Alice aprì gli occhi domandandosi quando li avesse chiusi. L’orologio non era più davanti a lei e notò che era seduta sulla poltroncina di velluto rosso che aveva notato vicino alla scrivania. d’istinto controllò di essere in ordine, di esser vestita soprattutto. E questo pensiero l’imbarazzò tantissimo. 

  • Dove sono le seconde chiavi della macchina signorina Alice?- Domandò il signor Giulio.

  • Solo Alice, la prego... Io… Non so, non… non me lo ricordo, mi spiace. Forse non era la scatola giusta - Aggiunse con un sorriso imbarazzato.

  • Dove sono le chiavi della macchina signorina Alice!- Questa volta Alice notò qualcosa nel tono di voce dell’uomo. Lo schiocco delle dita alla fine della frase la fece sobbalzare di nuovo. Nella testa si sentiva scavare dall’eco della sua voce che ripeteva la domanda. Del suo ordine, lasciandola come stordita.

  • Le chiavi sono cadute dietro il mobile in ingresso. Le ho sentite cadere mentre uscivo per andare a lavoro, ma ero di fretta ed ho pensato di raccoglierle più tardi, poi me ne sono dimenticata fino alla prima necessità di usarle.- Sbottò senza pensarci, come se la sua voce fosse controllata da una volontà estranea.

 

  • Bene. Come si sente?

  • Oh cazzo! Mi scusi - Aggiunse tappandosi la bocca. - Super! Mi sento come non mi sentivo da molto, molto tempo.

  • Mi faccia sapere se ciò che ha ricordato è vero, signorina.-

  • Certo. Certo. Ma sono sicura che è così, ora ricordo perfettamente persino il suono che hanno fatto cadendo - Sbottò felice. - Mi scusi, ma ora vorrei…-

  • Certo, sono sicuro che vorrà verificare. Grazie ancora per la bottiglia di vino, non doveva. E comunque la sua compagnia è stata un regalo ben più grande. Sono felice di averla aiutata - Commentò con gentilezza accompagnandola alla porta.

Appena rientrata in casa, Alice spostò il mobile, illuminando con la torcia del telefono, e le chiavi erano li, impolverate come un antico tesoro in attesa del suo Indiana Jones.

Rise tra sè e sè. Incapace di decidere se sentirsi stupida, incredula o fortunata di aver incontrato il signor Giulio.

2. blonde holding keys

 

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