• Buongiorno signor Giulio… ma si sente bene?

Chiese Alice, pur vedendo che il pessimo aspetto dell’uomo già rispondeva pienamente alla sua domanda.

Non lo aveva visto per qualche giorno. Oramai Alice conosceva i suoi orari e, uscendo di casa, aspettava il momento giusto per fare la corsa in ascensore insieme.

L’epidemia di influenza dilagava senza controllo e, dopo tre giorni senza vederlo, rientrando dal lavoro, si decise a suonare.

  • Meglio, ma mi stia lontana sign… signorina…- Balbettò l’uomo starnutendo e barcollando in modo così spaventoso da portare Alice ad abbracciarlo per sostenerlo.

  • Attento! Venga, si sdrai. - Lo accompagnò verso la camera da letto.

  • Da quanto tempo sta male, signor Giulio? Ha parlato con un dottore? - Domandò una volta riportato sotto le coperte.

  • Non saprei, che giorno è oggi? Le dispiacerebbe portarmi… portarmi qualcosa da bere?

In cucina c’era il delirio, piatti e pentole ammonticchiati alla rinfusa. C’era del latte o altro versato per terra e l’aria era maleodorante. Aprì la finestra. Alice gli portò dell’acqua e preparò un tè caldo. Avrebbe voluto portare anche dei biscotti, ma in mezzo a quel caos era complicato, ed in più, dopo una breve occhiata, sembrava mancare tutto.

  • Beva. Ha mangiato? Le preparo qualcosa?

  • Credo che sia rimasto ben poco… speravo di rimettermi e… e  fare un pò di spesa…- borbottò tra le pause. Era caldo in fronte quando Alice lo tastò.

  • Sandra… stammi vicino.- bisbigliò dopo un minuto di silenzio.

  • Shhh. Sono qui. Si riposi.

Alice aspettò qualche minuto che si appisolasse, poi andò in cucina a sistemare. Di tanto in tanto tornava per vedere che andasse tutto bene.

Anche in camera da letto c’era parecchio disordine. Alcuni dei vestiti di Sandra erano per terra e fu nel riporli che Alice notò il cassetto alla base dell’armadio.

 

Facendo meno rumore possibile lo aprì, terrorizzata e nello stesso tempo eccitata come da bambina la mattina di Natale. Come era possibile che avesse sognato quella frusta e quei… giocattoli? Accessori? Strumenti di tortura? Non sapeva nemmeno come chiamarli. Prese tra le mani il collare e riconobbe perfettamente le mollette metalliche sentendo i capezzoli indurirsi. 

  • Sandra…- 

  • Stavo solo… volevo sistemare… riordinare…- balbettò cercando di nascondere ciò che aveva in mano. 

  • Brava ragazza… hai sempre voglia di giocare… appena mi riprendo…- Borbottò ancora.

Solo allora Alice si rese conto che il signor Giulio stava parlando nel sonno o vaneggiando.

Giocare? Quindi questi erano giocattoli, non strumenti di tortura. I pensieri più sconci iniziarono a tormentarla ed a insidiarla.

Il contatto del collare attorno al collo la scosse profondamente. Passò qualche minuto ad accarezzare quella strana sensuale pelle che la stringeva e le imponeva quella postura più eretta. Allungata, guardandosi allo specchio dell’armadio, immaginando di vedere riflesso l’uomo di un tempo ed il suo prezioso ciondolo penzolante tra le gambe.

5. black collar

Guardò l’uomo dormire e prese il coraggio di indossare anche quelle strane pinze per capezzoli che sembravano dare particolare piacere alla donna legata alla sedia del suo sogno. Appena tolto il reggiseno, notò quanto fosse già eccitata solo all’idea.

Ancora una volta, una sferzata di piacere si impadronì di lei. Questa volta trattenendo a fatica un gemito. Continuò a sistemare i vestiti come se niente fosse, fingendo fosse normale sentire il tintinnio dell’anello attaccato al collare. Imponendosi di ignorare il ritmico contatto della catenella che ad ogni passo o movimento, le ricordava di essere li, imprimendo ai capezzoli continue stimolazioni. Come per non dare troppa importanza alle richieste del suo corpo. Ignorandolo in una sorta di autopunizione.

Dal cassetto, infine prese un libro, c’erano foto e dei commenti. Probabilmente scritto da Sandra.

“Oggi ho avuto l’orgasmo più lungo ed intenso della mia vita. Dopo avermi ipnotizzata ho sentito un calore salire tra le mie cosce. Non so se ero ancora sotto ipnosi o se stavo ubbidendo ad uno dei comandi del mio Maestro. So solo che il piacere continuava ad aumentare, di più, sempre di più, non finiva mai come non sembrava arrivare mai l’apice del piacere. Avrei voluto toccarmi, ma non ci riuscivo, non potevo, non me lo permetteva. Sentivo che mi diceva delle cose, ma non riuscivo a concentrarmi, stordita dal desiderio. Vedevo la sua bocca muoversi, ma non riuscivo a capire il significato delle sue parole. L’unica cosa che capivo era l’immenso piacere che provavo nell’ascoltarlo. A bere le sue parole e farle mie, in un continuo dentro e fuori dallo stato di incoscienza, per ritrovarmi ancora più eccitata e farneticante 

Alla fine, non so dopo quanto tempo, non so dopo quante volte, mi sono sentita risucchiare nei suoi occhi, lui mi ha semplicemente ordinato di godere, e sono stata travolta da una esplosione di piacere. Poi me lo ha ordinato di nuovo, ancora ed ancora. Il mio corpo tremava come una foglia. Mi vergognavo dei suoni quasi disumani che la mia voce tremolante riusciva ad emettere. Credo di aver detto delle oscenità in preda al delirio di piacere. Il delirio dell’orgasmo più lungo della mia vita, infine le mie ginocchia hanno ceduto e credo di essere svenuta, sfinita dagli spasmi.”

Quando Alice finì di leggere quelle parole, notò che aveva la mano nelle mutandine. Il signor Giulio lì a pochi metri, mentre lei si toccava, bagnata come poche volte le era successo. 

Come avrebbe voluto essere immobilizzata in quel momento! Immobilizzata  perché le fosse impedito di…

  • Sandra. Dammi da bere. - 

La voce del signor Giulio era flebile, in qualche modo febbricitante, ma portava con sé tutto il potere di chi non sta chiedendo, ma sta ordinando. Tutta la sicurezza di chi per anni, giorno dopo giorno, aveva conquistato quel potere a discapito della volontà della moglie, fino a renderla la sua perfetta schiava.

  • Ubbidisci.- aggiunse 

  • Si… Si Maestro.- Rispose Alice sorprendendosi. - Avrebbe risposto così anche Sandra, no? Certo! In che altro modo altrimenti.- si convinse ripensando al diario.

Sollevò con dolcezza la testa di Mister Magic che ora sembrava più un docile pupazzo.

  • Brava ragazza… brava ragazza…- borbottò assopendosi di nuovo con un sorriso. 

Per un attimo le sembrò che bevendo, il signor Giulio, stesse fissando il collare per poi concedersi una sbirciatina nella scollatura della camicetta abbottonata in fretta e furia. Sorrise. Ogni uomo lo farebbe. Ogni uomo di fronte alla possibilità di dare una sbirciatina perde il controllo. Poteva essere un segno che stava meglio. Poi l’impazienza di ritornare alla lettura la rapì nuovamente.    

5. the diary

“Oggi ho superato ogni limite di sottomissione. Credevo di poter resistere ma, come sempre, il Maestro ha avuto ragione e non ho potuto che strisciare ai suoi piedi e supplicarlo di permettermi di godere. Ho visto il suo sguardo soddisfatto mentre lo supplicavo, e questo mi ha fatto pensare che stavo facendo la cosa giusta. Infine ho ammesso di essere niente altro che il suo oggetto sessuale, non diverso da un giocattolo erotico, un vibratore da eccendere e spegnere a piacimento. Di più. Ero la sua puttana. La sua troia senza dignità, mostrandogli la mia fica bagnata ed arrossata, confessando di essermi toccata per tutto il giorno inutilmente.

Sentivo che confessare come mi sentivo ed ammettere ciò che ero, mi dava piacere. Il mio Maestro allora mi ha sorriso e mi ha accarezzata sulla testa, premendo un punto sulla mia fronte tra gli occhi, e finalmente sono riuscita a godere ed a soddisfare il mio bisogno. Subito dopo, sono scivolata in un sonno profondo non desiderando altro che ringraziarlo per tutto ciò che mi dava.”

  • Basta Alice, controllati.- Mormorò tra sé e sé chiudendo il diario.

Nel riporlo nel cassetto cercò di distrarsi guardando e toccando gli altri oggetti. Giocò un poco con la frusta. Ad un tratto l’idea che il manico potesse essere stato usato come fallo artificiale la fece trasalire. Dopo aver controllato che il signor Giulio stesse dormendo, avvicinò il manico con gesto rapido, quasi a colpirsi il naso, ed annusò sentendosi un pò stupida. Quasi con delusione, notò che odorava solo di pelle. Odorò più a lungo, chiudendo gli occhi, ed infine estrasse la lingua e leccò la punta. Forse non aveva odore, ma magari…

Riprendendosi dalla trance erotica che l’aveva oramai assediata, ripose l’oggetto nel cassetto, sentendosi avvampare la faccia per la vergogna di ciò che aveva appena fatto e soprattutto pensato. Si sentiva sporca, in peccato, come meritasse una punizione. Forse per aver spiato le cose intime del loro matrimonio, o forse perchè…-

  • La spesa. c’è bisogno di tutto in questa casa. Tra poco il… il Maestro si sveglierà e… e manca tutto… manca tutto…- pensò confusamente, forzandosi ad uscire dalla stanza e dall’aura erotica che la riempiva. Cosa avrebbero potuto raccontare quei mobili se ne fossero stati in grado? La stanze delle 1000 tentazioni.

Il Maestro. Aveva deciso di chiamarlo come Sandra, nei suoi pensieri. Sarebbe stato un suo gioco segreto. Che male c’era? Quante volte facciamo pensieri che, se fossero pubblici, definirli imbarazzanti sarebbe minimizzare?

Preparò un passato di verdura dando fondo anche all'ultimo pacchetto nel freezer.

5. cooking

Prendersi cura del Maestro imboccandolo, la eccitava. In qualche momento, ebbe la fantasia che la guardasse rimuginando una ritorsione o una punizione, oppure un premio, ma in quel momento, la presenza di Alice gli era provvidenziale.

  • Come si sente? Domandò ritornando per controllare dopo cena. - Le ho portato un po' di latte e delle fette biscottate per la colazione domani mattina e della pasta da scaldare. Mi spiace ma non potrò portarle la spesa prima di domani sera.- aggiunse trovandolo molto meglio. - Qui c’è il mio numero. Per qualsiasi cosa mi chiami.- indicò un biglietto lasciato sul comodino.

  • Lei è un angelo, signorina Alice.- la complimentò guardandola da capo a piedi.

Aveva speso più tempo del normale per prepararsi quella mattina e si vedeva più carina del solito. Niente dà il buon inizio di giornata di uno sguardo come quello.

Il fatto che avesse voglia di dare sfogo alla sua curiosità, anche se solo con gli occhi, la fece sorridere e la rassicurò sullo stato di salute. Inoltre aveva praticamente saltato la colazione tra preparare il pranzo da scaldare, lavarsi e cercare cosa indossare, pur sapendo che per le scarpe non aveva nessuna possibilità di accontentarlo.

 

 

 

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